Economia circolare, Eventi green, Innovazione

Come cambierà l’European Green Deal alla luce della pandemia?

Ho partecipato poco fa ad un interessante webinar organizzato da Italian Exhibition Group, organizzatore della Fiera Ecomondo di Rimini, per discutere di opportunità e difficoltà della crescita economica sostenibile europea. Ricordo che la fiera Ecomondo si terrà a Rimini dal 3 al 6 novembre 2020 nel quartiere fieristico di Rimini.

Il Green New Deal è stato al centro del dibattito negli ultimi mesi e oggetto di riflessione a livello globale, non solo nazionale. Lanciato da Ursula von der Leyen per avere un’Europa 2050 carbon neutral, potrà essere portato avanti? Tra gli ospiti intervenuti l’Ing. Prof. Fabio Fava (Università degli Studi di Bologna), l’On. Bonafede, On. Murassut, nonchè Dott. Edo Ronchi (Presidente Fondazione Sviluppo Sostenibile).

Di seguito una sintesi dei contributi.

E’ molto evidente come l‘ambiente si sta riprendendo spazi perduti, dandoci modo di riflettere sullo splendore dell’ambiente non affetto dal contributo antropico. Una sensibilità importante è alla base dell’implementazione dell’innovazione e del New Green Deal, ma occorre fornire informazione qualificata e autorevole per spiegare il New Deal.

Il rischio è di passare dall’emergenza sanitaria a quella climatica. E’ quindi importante pensare ad un Green New Deal che rilanci l’economia green nei nostri Paesi. Si tratta di un piano di azione con linee guida che ci porteranno alla neutralità climatica; tutti i settori della conoscenza umana sono coinvolti e importanti. La neutralità climatica si interfaccia soprattutto con la mobilità e con il patrimonio edilizio datato europeo, due settori in cui è urgente un’azione sostenibile, senza trascurare il settore agro-alimentare. Due provvedimenti legislativi presi sono per ora la Climate law e il Just Transition Fund; in atto anche una strategia industriale europea e un piano per l’economia circolare, da declinare in leggi.

Dovremo convivere per un periodo imprecisato con la necessità di ricostruzione del Paese, mettendo in atto soluzioni efficaci da subito. Un tema importante è anche quello della mobilità pubblica e privata: le persone si sposteranno maggiormente con i mezzi privati; occorrerà introdurre elementi di incentivo del trasporto pubblico e della mobilità sostenibile.

Non bisogna dimenticare il tema dei rifiuti: le mascherine e i rifiuti che provengono da abitazioni di soggetti malati o da strutture sanitarie sono da considerarsi rifiuti indifferenziati, detrrminando un incremento del peso sulle discariche, rendendo più stringente il tema dell’impiantistica sul ciclo dei rifiuti. Urge inoltre una generale semplificazione delle attività green, tra cui il riciclo dei rifiuti. Parlando di riciclaggio dei rifiuti, questi hanno difficoltà a trovare sbocchi di mercato: va rivitalizzata la filiera del riciclo. Forse occorre introdurre a livello produttivo quote obbligatorie di materiali che provengono dal riciclo dei rifiuti...

Sul tema dell’energia, si va verso una transizione energetica da potenziare; si richiederà un aumento di installazione di colonnine per l’energia elettrica e ci sarà una commissione di analisi di impianti per le energie rinnovabili (solare fotovoltaico, eolico, ecc.) per accelerare il raggiungimento della neutralità climatica. Sul tema della riqualificazione energetica degli edifici, uscirà a breve un decreto per incentivare gli interventi di questo tipo, prevedendo un superbonus del 110%. Ha senso soprattutto se utilizzato su interventi di carattere green e se ha anche un‘evidenza sociale e viene utilizzato nei luoghi di maggiore sofferenza. Per le città bisogna puntare soprattutto al riutilizzo del suolo esistente, alla riqualificazione energetica degli isolati e di porzioni di città.

E’ stato sottoscritto da poco tempo un manifesto da parte di più di cento imprese italiane per puntare verso un Green New Deal anche nella realtà industriale; è importante che si faccia sentire questa voce.

Uno studio di economisti di fama mondiale, pubblicato il 5 maggio, fa presente che in 300 provvedimenti presi dai governo del G20 durante la pandemia (comprendendo anche i paesi europei sostenitori del New Deal) sono state mobilitate molte risorse pubbliche, pari a 7,3 miliardi di dollari in aprile, ma: il 4% sono green, il 4% sono brown, il 92% sono colourless. Ciò significa rifinanziare lo scenario “business as usual”. Ovviamente questo rischia di provocare una precipitazione della crisi climatica. Quale peso economico hanno dunque le scelte green fatte rispetto al totale delle scelte effettuate? Non va bene conservare lo status quo. Importante anche la qualità trasversale di tutto il pacchetto di misure prese.

Il processo di adozione del Green Deal è stato rallentato a causa della pandemia. Ma bisogna puntare ad una ricostruzione, puntando alla chiarezza su alcune scelte importanti di settore, creando convenienza economica per gli interventi virtuosi di risparmio energetico e riqualificazione da incentivare, o abbassamenti delle imposte per l’utilizzo di soluzione tecnologiche innovative di edificio e di quartiere, puntando alla coesione sociale.

Se vuoi approfondire le tematiche legate all’edilizia ecosostenibile puoi trovare numerosi testi sul sito della Feltrinelli, cliccando qui.

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Economia circolare, Innovazione, sviluppo sostenibile, Verde

Greenwashing? No, grazie!

Avrete spesso sentito parlare di “greenwashing”. Si tratta di una serie di comportamenti, messi in atto a un ente o da un’azienda, atti a testimoniare un impegno nell’ecologia, nella tutela dell’ambiente e nel risparmio energetico che in realtà non sono tali. Si tratta, in parole povere, di una specie di “copertura” per fare apparire ecologiche ed ecosostenibili realtà produttive o singoli prodotti che non lo sono. Sappiamo bene che il “green” è prima di tutto un impegno, che prevede il coinvolgimento e la messa in pratica di strategie di ottimizzazione delle risorse e minimizzazione delle sostanze inquinanti.

Il greenwashing può essere caratterizzato dalla semplice omissione di pratiche non sostenibili da parte di un’azienda, da vere e proprie false dichiarazioni, che possono essere dovute anche a comunicazioni esagerate o a marketing gonfiato” (tratto da “Green Branding” di Luca Grandosi)

Le conseguenze del greenwashing sono dannose per la stessa azienda, perchè provocano un danno di immagine e la diffusione di una cattiva reputazione. Ma sono dannose soprattutto per l’ambiente e per il settore dell’economia green, perché drogano il mercato con prodotti spacciati per sostenibili, che in realtà non lo sono.

I consumatori devono fare, dunque, molta attenzione, anche nella scelta di prodotti che siano rispettosi dell’ambiente in modo reale, e la cui messa sul mercato implichi processi produttivi realmente ecologici.

Per chi volesse approfondire la tematica del greenwashing, consiglio la lettura di questo articolo. Un video riassuntivo si trova invece a questo link di Instagram, dove trovate molti altri video che ho preparato per la serie “Green Words”.

Per approfondire invece la tematica della comunicazione ecosostenibile, consiglio la lettura del libro sopra citato, “Green Branding”, di L. Garosi,

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Biomimesi, Economia circolare, Eventi green, Innovazione, sviluppo sostenibile

Perché credere nell’economia circolare

Per ripartire ci può aiutare l’economia circolare? Certo che sì! L’economia circolare si basa sul concetto di ottimizzazione delle risorse e minimizzazione degli sprechi, e vede nel processo creativo e produttivo un qualcosa di ciclico, ispirato a ciò che avviene in natura. L’idea di un processo “cradle to cradle” (dalla culla alla culla) invece che “cradle to grave” (dalla culla alla tomba) è stata teorizzata da William Mac Donough: non bisogna progettare edifici, oggetti, processi produttivi fini a sè stessi che abbiano come output dei rifiuti, ma è opportuno utilizzare risorse e materiali riutilizzabili, riciclabili, che non creino sprechi. Quelli che sono considerati “rifiuti” possono divenire risorse per un nuovo progetto.

L’economia circolare è dunque “un continuo ciclo a sviluppo positivo, che preserva e valorizza il capitale naturale, ottimizza l’uso delle risorse e minimizza i rischi, gestendo al meglio risorse finite e flussi rinnovabili. E funziona su qualsiasi scala” (Ellen MacArthut Foundation).

L’idea di un processo iterativo, che si basa su continui miglioramenti e verifiche in modo ciclico è peraltro alla base della stessa progettazione ecosostenibile che avviene per esempio in edilizia. I cicli governano la natura, che vive in armonia e che si migliora continuamente.

L’applicazione dell’economia circolare può riguardare tutti gli ambiti dell’attività umana, ma richiede un’attenta azione di analisi e progettazione dello stato di fatto e dell’innovazione per il futuro, che non può prescindere da verifiche di tipo economico, sociale ed ambientale.

Ognuno di noi può farsi portavoce di principi di ecologia, riduzione degli sprechi, riutilizzo e riciclaggio, valorizzazione delle risorse, a partire dagli oggetti e dai materiali, passando per i processi produttivi e creativi, arrivando al capitale umano. Tutto il settore della green economy non aspetta altro che l’ingresso di nuovo personale specializzato in ecosostenibilità e gestione dei processi circolari, che potrebbe (perchè no?!) riconvertirsi anche provenendo da altri settori (per esempio quello dell’energia non rinnovabile, dei combustibili fossili). Numerosi posti di lavoro possono e devono essere generati per guidare una trasformazione dell’Italia e del mondo verso un futuro più green.

Trovi un video di approfondimento in cui parlo di economia circolare nella rubrica “Green Words”, sul mio profilo Instagram @vivattiva, cliccando qui.

Puntiamo tutto sull’economia circolare! Per approfondire i temi ambientali trovate numerosi testi sul sito della Feltrinelli, cliccando qui.

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